Hieronymus Bosch (1453-1516, Olanda)
«inventore… maraviglioso di cose fantastiche e bizzarre» L. Guicciardini.
Nel mondo dipinto da Bosch è sempre presente il tipico sottofondo di terrori, speranze, angosce e credenze di quel periodo di Medioevo ormai prossimo alla fine. Le sue tavole, brulicanti di vita, mostrano un universo posseduto dal maligno e dal peccato che hanno scardinato l’ordine delle cose.
L’epoca di Bosch è caratterizzata da un violentissimo sentimento religioso nel quale si rifletteva il contrasto tra la sensualità ed il misticismo fiamminghi: ai costumi esageratamente licenziosi, all’imperante gusto per l’osceno, al pullulare di sette e comunità, si contrapponeva la lotta spietata contro le pratiche magiche (è di quel periodo il Malleus maleficarum).
Queste tematiche, facilmente accessibili ai suoi contemporanei, risultano criptiche oggigiorno; il bisogno di interpretare la straripante miriade di simboli ha spesso messo in secondo piano lo spessore artistico di Bosch. La critica non è riuscita ad indicare chiari precedenti della pittura di Bosch la quale, anche se impregnata di spiriti gotici, appare nuova, isolata e singolare.
L’opera che ho scelto come immagine del post, un trittico intitolato Il carro di fieno, è ispirata ad un proverbio fiammingo «Il mondo è un monte di fieno, ognuno ne arraffa quanto può». Al centro compare Cristo nell’atto di dare il via al Giudizio universale, nello sportello di sinistra è raffigurato il Paradiso terrestre nel momento della cacciata dei Progenitori, quello di destra è occupato dalla rappresentazione dell’Inferno.
La parte centrale è dominata dalla massa bionda del carro di fieno che si staglia sul fondo azzurro del paesaggio. Quella che tenta di arraffare una manciata di fieno è un’umanità rissosa, carica di violenza, la gente finisce stritolata sotto le ruote del carro trainato da uomini mascherati flagellati da un mostro; in coda a questo grottesco e solenne corteo possiamo vedere il Papa, l’Imperatore e vari principi.
In primo piano si trovano il cavadenti, un non vedente guidato da un ragazzo, un prete seduto servito dalle monache che insaccano il fieno. In cima al mucchio di fieno due coppie siedono fra un angelo ed un diavolo.
La composizione è liquida, molto vivace, invita l’occhio ad una minuziosa osservazione dei particolari.
Ciò che affascina di Bosch, dal mio punto di vista, è che quando i suoi predecessori si limitarono a raffigurare l’aspetto esteriore dell’uomo, la sua audacia fu di dipingerne l’intimo con l’inestricabile groviglio di bene e di male.