Antonio Canal, detto il Canaletto (1697, Venezia – 1768, Venezia)
«Una rigorosa verità d’osservazione in una incantevole serie di vedute»
Figlio di un “pittore da teatro”, scenografo, Canaletto iniziò il suo apprendistato nella bottega del padre. Da giovanissimo si recò a Roma per realizzare le scene di due drammi di Scarlatti; questo viaggio gli fece fare conoscenza con la pittura vedutista. Questo genere pittorico, sviluppatosi nel Settecento, è distinguibile in due filoni: il capriccio, nel quale vengono rappresentati paesaggi totalmente di fantasia oppure costituiti da elementi reali ma modificati per renderli più teatrali; e la veduta realistica che riproduce fedelmente il vero. Vedute di natura e città erano già stabilmente presenti nella storia dell’arte ma, col vedutismo, i paesaggi costituiscono il semplice sfondo dell’azione umana.
Canaletto, al suo rientro a Venezia, si dedicò ai capricci ed alle vedute idealizzate; la sua tecnica lo fece diventare, in pochissimo tempo, uno dei pittori più affermati e richiesti. Le sue prime opere, influenzate dalla sua formazione di pittore di scenografie, presentavano colori molto scuri e forti contrasti fra ombre e luci; molto velocemente Canaletto passò a toni più luminosi capaci di infondere serenità alla composizione. Grazie all’utilizzo di una camera ottica (antenata delle moderne fotocamere), con la quale si aggirava per la sua città, il Maestro riusciva ad abbozzare immagini di straordinaria precisione da rielaborare in studio. Era questa la sua peculiarità: la ricerca minuziosa dei dettagli per ricostruire una personalissima visione di Venezia, deformata e stravolta nelle proporzioni per ottenere l’effetto desiderato. La Serenissima venne ritratta in ogni suo angolo e la sua quotidianità fissata su tela, Canaletto ne colse i fasti dipingendo le regate, le celebrazioni solenni e le visite di personalità importanti.
La crescente fama lo fece notare ai vari giovani ricchi aristocratici inglesi che visitavano Venezia quale tappa preferita del Gran Tour, ma il personaggio che si rivelò decisivo per la sua carriera fu Joseph Smith, facoltoso collezionista e console britannico nella Serenissima. Inizialmente cliente di Canaletto, Smith ne diventò presto l’intermediario, regolandone la produzione ed il mercato, con la ricca clientela inglese. Nel 1746 il Maestro, preceduto da una solida fama, si trasferì a Londra dove realizzò varie vedute della città e della campagna circostante. Alla Laguna si sostituì il Tamigi ma la visione dell’artista rimase immutata.
Il percorso poetico di Canaletto andò malinconicamente a concludersi nei suoi ultimi anni di vita quando, rientrato in patria, le sue opere si conformarono alla routine dei canoni convenzionali.
L’opera di questa settimana è “La regata vista da Ca’ Foscari”, capolavoro di un’originalissima sintesi di luce e colore. In tale dipinto è rappresentata una delle feste più tradizionali di Venezia; la maestria di Canaletto è evidente nella rappresentazione dell’addensarsi della folla, ottenuta attraverso il cristallizzarsi della luce, delle imbarcazioni ai bordi del canale, e l’inseguirsi delle gondole. La luce pomeridiana splendente è sospesa sulle facciate dei palazzi. Gli edifici svolgono il ruolo di sipario per il canale brulicante di vita ed azione. Quest’opera è il trionfo della veduta pura e sincera, nella quale viene rivelata l’essenza più profonda del soggetto.
Ciò che ha reso Canaletto immortale è stato l’essere in grado di sostenere a lungo il ruolo di pittore ricercatissimo dai contemporanei, oggi sarebbe stato definito artista “commerciale”, senza lasciar corrompere la sua ispirazione poetica e la qualità delle sue opere, cosa che, ieri come oggi, è più unica che rara.