David

La morte di Marat (1793). Museo Reale delle belle arti del Belgio, Bruxelles

 

Jacques-Louis David (1748, Parigi – 1825, Bruxelles)

«Singolare miscuglio di realtà e ideale»

Le opere d’esordio di David erano fortemente impregnate dai residui dell’arte Settecentesca e del Rococò, ancora molto apprezzati dalla nobiltà. Nel 1774, dopo una serie di insuccessi, il dipinto “Antioco e Stratonice”, con una composizione semplificata e rigorosa, gli fece ottenere il Prix de Rome, borsa di studio che consentiva agli artisti più meritevoli di studiare per tre anni all’Accademia di Francia a Roma.

Nella Città eterna, il contatto diretto con le opere classiche contribuì a ripulire il suo stile dalla pomposità del Rococò, gettando quei semi che, una volta germogliati, lo avrebbero reso capofila del Neoclassicismo (ovvero del Vero stile, come veniva chiamato all’epoca).

Il movimento neoclassicista era caratterizzato dal recupero delle forme classiche, come norma della perfezione, simmetria e chiarezza, contrapposte all’irregolarità dell’arte barocca e sostenute dalla ricerca di un fondamento razionale del bello. Uno dei motivi per questo rinnovato interesse per il mondo antico, furono le importantissime scoperte archeologiche avvenute nel Settecento (basti citare Pompei, Ercolano ed i templi di Paestum), che ampliarono notevolmente la conoscenza del passato e misero in risalto il rapporto tra arte greca ed arte romana, con quest’ultima vista solo come un riflesso della prima.

La constatazione che la semplicità dell’arte classica aveva permesso di raggiungere una nobile grandiosità, fece apparire il Barocco come una degenerazione dell’arte rinascimentale, piegata alla ricerca dell’effetto spettacolare ed illusionistico.

Non è questo il luogo per discutere l’operato politico di David durante gli anni turbolenti della Rivoluzione francese, né del Direttorio e neanche del dopo 18 Brumaio che potrebbero, come successo alla critica del passato, offuscare la grandiosità delle sue opere.

Questa settimana ho scelto un quadro che incarna proprio l’eroismo ed il dramma della Rivoluzione francese, ossia la “Morte di Marat”. Marat, direttore del giornale l’”Amico del popolo” fra i più influenti durante la Rivoluzione, venne assassinato da una donna, mentre si trovava immerso in una vasca nel tentativo di alleviare la malattia della pelle che lo tormentava da anni. David, amico di Marat, immortalò la sua morte con un quadro che divenne immediatamente famoso; la scelta di raffigurare il momento successivo all’uccisione è legata alla volontà di farlo assurgere al ruolo di martire-eroe. Il luogo del delitto, è volutamente spoglio per non ridurre l’accaduto ad un mero fatto di cronaca; lo sfondo è di un semplice verde monocromatico, spezzato da un pulviscolo dorato nell’angolo in alto a destra, la figura abbandonata nella morte sembra quasi immersa in una luce di ispirazione caravaggesca.

La vasca diviene un sarcofago, la cassa di legno che gli serviva da scrittoio, sulla quale David dipinse la propria dedica, assume la forma di una lapide.

Il ritmo orizzontale della composizione è spezzato dal braccio che cade verticalmente, quasi a ricordare le rappresentazioni della deposizione di Cristo, a questa impressione contribuiscono anche la ferita al costato ed il sangue. Nella mano destra Marat stringe ancora la penna, dal forte valore simbolico; nell’altra si vede la falsa lettera di supplica con la quale l’assassina riuscì a raggiungerlo. Sullo scrittoio possiamo vedere l’assegno destinato ad una donna in difficoltà. A terra è rimasto il coltello, unica traccia dell’assassina, quasi condannandola all’oblio; coltello e penna vengono a trovarsi sullo stesso piano, due armi dalla natura ben diversa.

Quello che mi ha sempre colpito di quest’opera è il senso di sacralità e di silenzio che emana: in un periodo sanguinoso e di tumulto come quello della Rivoluzione francese, Marat muore nell’intimità del suo bagno, circondato dal suo lavoro. Nella mia testa associo questa morte a quella che avviene alla fine del libro “Il deserto dei Tartari”: dopo una vita spesa ad aspettare il nemico e sognando la gloria, il protagonista muore per cause naturali, proprio quando la battaglia è infine scoppiata, nel silenzio e nella solitudine della sua camera e capisce che è la sua la guerra più importante. Superare l’individualità e sconfiggere la paura di morire, è questa la missione di ciascuno.

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