Eugène Delacroix (1798, Charenton-Saint-Maurice-1863, Parigi)
«Un grande genio malato di genio» Baudelaire
«Nei salotti tutti sussurravano: “Peccato che un uomo così affascinante faccia quadri del genere” », con queste parole Gautier ci trasmette il pensiero che la pittura di Delacroix suscitava nei francesi del tempo. In una Parigi abituata alle convenzioni stilistiche della scuola classica proprie dell’Accademia, Delacroix sconvolse fin da subito qualsiasi abitudine visiva: i suoi colori sono vibranti ed accesi, le sue composizioni si torcono e guizzano all’inseguimento di una forma solo accennata, il mondo raffigurato è agitato da passioni ed inquietudini.
Delacroix si ricollega ai maestri rinascimentali, non a caso è uno degli artisti più colti della sua generazione, per il risalto dato alla pittura di storia e per il vigore morale che infonde nelle sue composizioni, affiancandoli alla sua immaginazione ed interiorità. Nonostante la sua formazione classica, nella sua arte predomina il Romanticismo che, nelle esplosioni di colori e passioni, trascina l’osservatore nei movimenti e drammaticità delle scene dipinte. I personaggi che dipinge hanno un’anima, una vita interiore, nelle sue nervose pennellate e negli accesi contrasti cromatici si ritrova una vibrante emozione creativa che coinvolge lo spettatore. Le sue opere sono specchio dei suoi sogni, incubi e passioni; è questo che le faceva risplendere di una luce nuova nelle mostre annuali del Salon, fatte di sale stracolme di opere tutte uguali e senz’anima. Un bagliore che in pochissimi riuscirono a capire ed apprezzare, non riuscendo ad andare oltre le polemiche per i colori audaci e l’anticonformismo, perdendo la sincera trasposizione di un’anima, di quello che la turba, appassiona e commuove.
Per Delacroix la pittura «è una silenziosa potenza che parla dapprima agli occhi e che raggiunge e si impadronisce di tutte le facoltà dell’anima», da qui la necessità dello studio della realtà, della ricerca del vero e dell’uso dei colori che costituiranno un punto di riferimento per gli impressionisti. Contrapposta a questa è la sua visione del corpo materiale che zavorra la pura espressione dello spirito, da qui l’esaltazione dell’immaginazione come strumento rivelatore dell’interiorità.
L’opera di questa settimana è la “Libertà che guida il popolo”, nella quale una barricata diviene il simbolo di un sentimento collettivo, allegoria volta a celebrare la rivoluzione del Luglio 1830. Il dipinto scandalizzò il pubblico e venne considerato sovversivo, pericoloso. Nel caos del conflitto urbano, protagonista assoluta è Marianne, personificazione della Repubblica francese e dei suoi valori, che al centro del dipinto stringe in una mano il tricolore, nell’altra un fucile ed in testa indossa un cappello frigio, simbolo della rivoluzione. Marianne volge lo sguardo verso i cittadini esortandoli a combattere, fra loro sono presenti persone di diverse estrazioni sociali e di tutte le età; alla sua destra un ragazzino a rappresentare la forza ed il coraggio dei giovani. Ai piedi di Marianne un ragazzo inginocchiato la guarda con ammirazione, ritenendola l’unica forza in grado di cambiare la società. Al di sotto dei combattenti sono rappresentati i caduti, militari e rivoluzionari.
La scena è circondata da una coltre di fumo dovuta alla battaglia, che si dirada sulla destra per lasciare intravedere la cattedrale di Notre-Dame che ci permette di collocare la scena a Parigi.
Le tonalità utilizzate sono molto scure tranne che per la luce che accompagna i movimenti di Marianne; bleu, bianco e rosso, i colori della bandiera francese, sono utilizzati per vari dettagli. Il messaggio che Delacroix vuole trasmettere è l’ideale romantico della rivoluzione, nella quale ciascuno può combattere, anche idealmente, per raggiungere la libertà.
Voglio chiudere l’argomento di questa settimana riportando questo pensiero di Delacroix: «L’uomo reca nell’animo sentimenti innati, che non saranno mai soddisfatti dagli oggetti reali, ed è a tali sentimenti che la fantasia del pittore e del poeta daranno forma e vita».