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Dario Biagioni

Chi sono

Sono nato il 6 dicembre 1969 a Borgo San Lorenzo, nel cuore del Mugello, in Toscana. Crescere in un casale con lo stemma mediceo significava essere immerso in un mondo ricco di fascino e storia, un luogo che accendeva continuamente l’immaginazione di un bambino. Le stanze, così numerose e diverse che ancora oggi faccio fatica a ricordarle tutte, erano piene di curiosità: una stanza interamente dedicata alla conservazione della frutta sui cannicci , fienili, stalle e granai. E poi c’era lui, il grande camino, il cuore della casa attorno a cui tutto ruotava. Tra tutti gli spazi, c’era un luogo che non osavo esplorare da solo: la cantina, divisa su più livelli sotto terra, che terminava in una magnifica stanza con una volta in mattoni, dove riposavano le botti di rovere per il vino. Anche da bambino intuivo che entrare in un ambiente così profondo e privo di luce naturale evocava una sensazione diversa.

Era mio padre a rendere la mia fantasia ancora più viva. Durante le notti d’estate, ci sdraiavamo sotto il grande sicomoro a guardare le stelle, e lui mi raccontava storie di personaggi coraggiosi e avventurieri. Mi parlava di eroi leggendari e viaggi epici, come il ritorno di Ulisse a Itaca, un racconto che sapeva commuoverlo profondamente. Aveva un dono speciale nel trasmettere aspirazioni e ideali attraverso le sue storie, invitandomi a immergermi non solo in mondi immaginari, ma anche dentro me stesso. Era un abile traghettatore dell’anima, capace di far vibrare corde profonde e suscitare emozioni intense.

Mia madre era la padrona del focolare, in tutti i sensi. Lei sapeva scaldarci il corpo e il cuore. Ma i ricordi di quegli anni sono tanti e ricchi, troppi per questa mia breve presentazione. Chissà se un giorno avrò la forza e la capacità di scriverli in un piccolo testo.
A mia madre rivolgo un pensiero di profonda gratitudine.
La sua presenza nella mia vita è stata un dono che ho imparato a comprendere e apprezzare sempre di più con il passare degli anni. Mi ha lasciato libero di esplorare la vita a modo mio, sostenendomi con pazienza e rispettando le mie scelte, anche quando significavano lasciarmi andare verso l’ignoto. Ho capito con il tempo che il suo amore era un esempio di generosità da condividere, una forza che mi ha sempre guidato nelle mie scelte.

Ho iniziato la mia biografia parlando dei miei genitori perché a loro devo molto. Un tempo li avrei visti come due persone comuni, genitori come tanti osservando l’imperfezione umana insita in ognuno di noi, ma con il tempo e attraverso un profondo percorso di crescita interiore, ho imparato a riconoscere e apprezzare il loro valore autentico. Questo cammino non ha trasformato solo me stesso, ma mi ha permesso di riscoprire e valorizzarli con occhi nuovi, rendendomi consapevole della ricchezza degli insegnamenti che mi hanno lasciato.
“Non muore mai chi abita il tuo cuore”

Negli anni ’90, ho sentito il bisogno di esplorare oltre i confini conosciuti e di vedere come si viveva e si creava altrove. Così, ho viaggiato spesso verso il Nord Europa, dove ho scoperto gli stili gustaviano e provenzale, eleganti e sobri. In Svezia e in Francia, mi sono lasciato affascinare da questi modi di vivere, che sanno unire il calore alla discrezione, fatti di colori tenui e finiture invecchiate.

Mi è sembrato naturale portare quella grazia delicata nella mia Toscana, in un dialogo tra rustico e raffinatezza oserei definirla una poesia degli spazi. E così, piano piano, ho trovato la mia voce.

Qui si apre un capitolo curioso della mia vita. Nel 1995, incontrai due suore francescane eremitiche che vivevano in solitudine e che mi introdussero alla meditazione e all’ascolto interiore. Non mi parlavano di religione, ma di ciò che ogni essere umano anela nel profondo: riconnettersi al Divino, a quella scintilla infinita che ci abita. Un giorno, suor Emanuela – come fosse un personaggio dei Miserabili di Victor Hugo – mi disse che sarebbe venuto in Italia un maestro di grande saggezza. Mi mise in mano una somma di denaro per partecipare a un seminario con lui. La cifra era importante, e a quei tempi non avrei potuto permettermela, ma grazie a quel dono, riuscii a vivere un ritiro di nove giorni che mi liberò l’anima, introducendomi a una dimensione più grande di quella che conoscevo. Fu così che
nel 1997 incontrai Claudio Naranjo, uno psicoterapeuta e maestro di vita cileno, che mi mostrò una nuova strada: quella dell’Enneagramma, un progetto da lui chiamato SAT (“Seekers After Truth” – Cercatori di verità). Attraverso di lui, iniziai a esplorare il mio mondo interiore e a vedere l’arte come uno strumento di conoscenza profonda. Per me, l’arte divenne un mezzo di trasformazione, un linguaggio per esplorare e comprendere me stesso. Con il tempo, ho capito che ogni pennellata può essere una riflessione, un atto che non trasforma solo l’opera, ma anche chi la crea.

Nel 2004, spinto da queste due passioni – l’arte e la spiritualità – ho aperto la mia bottega. Qui ho sviluppato la “tecnica delle Patine Antiche,” un metodo che unisce colle e pigmenti naturali per dare ai mobili un carattere vissuto, come se respirassero il tempo. Ogni strato di colore, ogni sfumatura è per me un viaggio nella memoria, un modo per riportare alla luce il passato e trasformarlo.

La mia bottega è diventata un vero rifugio per chi cerca qualcosa di più profondo della semplice bellezza esteriore. Nei miei corsi, insegno a trattare ogni gesto come un respiro, a trovare in ogni dettaglio un momento di quiete e di introspezione.
Credo che l’arte sia un filo sottile che ci riconnette con il nostro passato e, allo stesso tempo, ci tiene ancorati al presente, permettendoci di riscoprire chi siamo. In fondo, ogni opera è un atto di rinascita, un filo che unisce i ricordi, la storia e il nostro essere qui, oggi.

Grazie per avermi letto. In fondo, non siamo molto diversi…

Dario Biagioni ®️

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